Comunicato stampa dell'associazione L'ARCA di Montepaone
Comunicato stampa associazione l’arca:
“Intanto, continuo a dire grazie ai cittadini e alle associazioni che con la loro partecipazione all’incontro A VOLTE SI FA PRIMA A NON DIRE NIENTE, che ha anticipato la giornata internazionale della donna, ci hanno dimostrato di aver accolto il nostro invito a riflettere. Grazie, ovviamente, ad Immacolata Procopio che ha pensato questo momento e a tutte le donne e le persone che hanno collaborato con lei perche’ si realizzasse. Immacolata Procopio, Salvatore e Antonio Iemmello, Sandro Betrò, volontari L’ARCA sempre impegnati e in prima fila che con competenza, responsabile disponibilità, spirito di servizio gestiscono la Biblioteca Civica di Montepaone. Riflettere, dicevo, interrogarci, sul perche’ di tanta violenza che registra numeri esponenziali che le statistiche concentrano soprattutto tra le mura domestiche. Rashida Manjoo, relatrice speciale delle Nazioni Unite, sostiene: è la violenza domestica la forma di violenza più pervasiva. Ho letto: contare da 1 a 100 serve a pensare alle 100 morte che non contano, a spalancare una finestra sull’orrore sul quale, aggiungo, abbiamo deciso di interrogarci, di ragionare. Ci chiediamo se le leggi bastano o se invece non sia urgente accompagnarle da una rivoluzione culturale che coinvolga tutti i settori, gli apparati, le istituzioni, in un cambiamento radicale del modo di pensare e anche di esprimersi, perché poi comunque le leggi vanno scritte, articolate, interpretate, applicate! E con quale atteggiamento si scrivono, si interpretano, si applicano? Con quale pensiero? A me poco importa se si dice sindaco piuttosto che sindaca, ministro piuttosto che ministra; a me interessa un’altra grammatica, la grammatica dei sentimenti, la pedagogia della differenza, della diversità; differenza e diversità che indicano ricchezza, modi differenti di approcciare i problemi e trovare soluzioni; diverse sensibilità ma obiettivi comuni, condivisi, di crescita sociale, di civiltà, di giustizia. A me interessa la formazione del pensiero che ha le sue radici nella cultura della persona (la persona prima di tutto e sopra tutto ho postato su facebook nella pagina dedicata a questo evento), nel rispetto e la pari dignità di diritti e opportunità senza alcuna distinzione di sesso, religione, estrazione sociale, colore. Filo conduttore del nostro incontro il cammino, la marcia globale, il cui simbolo sono le scarpe rosse Zapatos Rojos per dare voce al silenzio di morti assurde, silenti, senza giustificazione alcuna, se non quella che siamo una societa’ malata che fatica, nonostante gli strumenti a disposizione, ad elaborare vie d’uscita. Nel 2009, ci è dato sapere, l’artista messicana Elina Chauvet ebbe l’arguzia e la genialità di pensare ad un’installazione di arte pubblica del tutto originale avente a soggetto le Zapatos rojos per richiamare l’attenzione di tutto il mondo sul destino orrendo di centinaia di ragazze messicane della città di Ciudad Juarez, in Chihuahua, rapite, stuprate, uccise, i cui aggressori, dal 1993, sono ancora impuniti. Da qui il termine femminicidio: omicidio di genere. Nella nostra locandina, le scarpe rosse lasciate li, in fila quasi ordinata, sono l’immagine di donne in fuga, scomparse, annullate … Sono lì a testimoniare assenze e, anche si suole dire: nessuno è insostituibile, certe assenze pesano e devono pesare come macigni sulla testa di tutti, perché ci riguardano tutti, nessuno escluso; certe assenze non potranno mai essere sostituite, lasciano un vuoto pesante, incolmabile, cui nessuno di noi vuole essere complice. Scarpe rosse che, come la rosa bianca o un semplice fiocco bianco, ci invitano a prendere coscienza di quante vite siano spezzate, abusate, violate, per soddisfare istinti malati. Non avrei voluto il mio nome comparisse sulla locandina di questo momento di riflessione; c’è per esigenze istituzionali; io mi rappresento, comunque, in una di quelle scarpe rosse a testimonianza di un bisogno, di un’urgenza, di denuncia non fine a se stessa ma di stimolo per la comunità intera perché la violenza è violenza; da qualsiasi lato la si argomenti è sempre violenza e va annientata, ripudiata, condannata. Questo momento non è e non vuole essere né commemorativo, né celebrativo. Se cosi fosse stato avremmo elencato le 100 e più donne, ragazzi, madri, uccise fuori e dentro le mura domestiche; le donne che hanno fatto la storia di tutto il mondo; le donne che hanno scritto la nostra Costituzione; le donne annullate dalla ‘ndrangheta; le donne testimoni di giustizia; le madri coraggio… No! non ci siamo fatti intrappolare da questo tranello. Abbiamo voluto e vogliamo dire basta; basta alla violenza, e anche agli stereotipi e ai luoghi comuni! Si dice che quello che manca è la voce maschile nella trattazione di questo argomento; per noi non è stato cosi e non sarà così anche nel prosieguo di questo impegno; noi abbiamo voluto affrontare la problematica con voci e anime maschili perché siano di monito di richiamo per altri uomini. Ci siamo confrontati con il Dr.Valerio Geracitano, sociologo e mediatore familiare; con il Cap. Saverio Sica, comandante della Compagnia dei Carabinieri di Soverato; con il Dr.Stefano Morena, direttore CSV della provincia di Catanzaro; e poi Enrico Iemmello che già, in apertura dei lavori, ha creato con la musica il clima ideale perche’ questo nostro momento avesse l’atmosfera che meritava e Sandro Betrò che ha moderato il dibattito. Dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, firmata a Istanbul l’11 maggio 2011, alla Legge n.119 del 2013, detta Legge sul Femminicidio, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, e non solo, a livello legislativo di strada ne è stata fatta ma ancora c’è molto da fare soprattutto a livello di sensibilizzazione delle coscienze, di presa in carico, individuale e collettiva, del problema il cui superamento è il nostro salto di qualità per garantirci e garantire, alla generazione che verranno dopo di noi, una convivenza sostenibile, una società di civiltà, rispetto, giustizia; libertà. Cambiare si deve, ma in meglio! E aggiungo, come note a margine di questo mio intervento: 1. Io apprezzo anche il flashmod, il One Billion Rising, quel movimento oceanico di mobilitazione e sensibilizzazione sul problema, in cui la danza è protagonista assoluta; la danza che libera energia contagiosa, che scarica rabbia e amarezza, che unisce e travolge in un ritmo il cui richiamo è: noi ci siamo, esistiamo, contiamo; vogliamo cambiamento e giustizia; siamo anche noi protagoniste del nostro essere ed esistere; 2. Io dico basta con le favole in cui la mamma è morta; c’è la matrigna, la strega; la bimba si perde nel bosco, incontra l’orco, il lupo; basta con il cavaliere azzurro, coraggioso; l’eroe; il comandante audace. Basta con questi messaggi che rimandano ad uno stereotipo di donna sofferente, succube, da proteggere; 3. Io invito a leggere le favole di Fedro, Esopo, che ci educano trasmettendoci messaggi di alto valore pedagogico. Dagli interventi che si sono via, via, avvicendati è emersa chiaramente l’urgenza di interventi e campagne di informazione che coinvolgano famiglie, scuole, associazioni, comunità, in cui tutti siamo protagonisti di una riflessione collettiva su strumenti, modalità, azioni di contrasto alla violenza, utili ad affrontare la problematica e, quindi, capaci di innescare un cambiamento di rotta negli atteggiamenti e nei comportamenti da assumere. E’, inoltre, chiara la necessità di fare rete, di essere ascoltate, di far riferimento senza pregiudizio alcuno ai centri antiviolenza, alle strutture sanitarie, alle forze dell’ordine che, necessariamente, devono operare in sinergia tra loro, le famiglie, la scuola, le istituzioni, la comunità tutta”. (F.to Giovanna Vecchio)