I fratelli Domenico e Rocco Micò decidono di rendere pubblico in un noto hotel cittadino,in un incontro moderato da Pietro Melia, e alla presenza del loro legale di fiducia,Massimo Alessandro Gualtieri,quello che per loro è un caso di giustizia negata o non applicata, nonostante sentenze tutte favorevoli passate in giudicato,e li abbiano visti vincenti in tutte le varie fasi processuali . Tutto inizia quando i fratelli Micò,titolari di una storica ricevitoria con annessi tabacchi e bar, aperto dal lontano 1950 e situato sul centralissimo corso Umberto,nel 1998 a seguito di problemi di natura economica vengono contattati da una persona che si dichiarava disponibile ad aiutarli sul piano finanziario, intervento utile per saldare le pendenze con istituti di credito,”un senso di bontà” dichiarano i Micò,ma questa persona all’epoca chiedeva loro di preparare una cessione di azienda davanti ad un notaio del reggino,dicendo loro che avrebbero continuato di fatto a gestire l’attività lavorativa,”oggi dice uno dei fratelli Micò,capisco che persona era,difatti quando il credito con le banche non è stato onorato e iniziavano le vendite immobiliari dei nostri immobili,senza remora alcuna,continuava Micò,questa persona partecipava ,con un suo tramite,all’asta giudiziaria aggiudicandosi l’appartamento della mia famiglia con mia madre costretta al rilascio dell’immobile,mentre lo storico locale passava di mano finendo di fatto nella piena disponibilità della persona che aveva deciso di aiutarli economicamente.”Inizia un lungo iter giudiziario per ottenere da parte dei Micò indietro il loro locale,visto che a fronte di un prestito di soli 80 milioni erano andati all’asta immobili e compendi per un totale di due miliardi di lire,arrivava la guardia di finanza e si nominava da parte del tribunale ricorrente,un curatore amministrativo,iniziano le cause davanti al tribunale di Chiaravalle Centrale,in quella sede ,carte alla mano,si chiede la rescissione della cessione di azienda,anche la corte di appello del tribunale di Catanzaro ordina la revoca, anche in merito alla restituzione dei soldi tutto questo portava il giudice dell’esecuzione,Orazio Ricca ad ordinare a tutti i soggetti coinvolti di rivulturare a favore degli istanti le concessioni e le licenze,tabacchi,bar,lotto e altro. “Si pone in essere si legge nel dispositivo,di porre tutti gli atti opportuni e necessari al fine di dare compiuta esecuzione alla sentenza .191/09 in punto alla rescissione del contratto di cessione di azienda e di restituzione di detta azienda ai Micò,e la restituzione sempre a loro favore di tutte le autorizzazioni amministrative,ordinando all’ufficiale giudiziario gli adempimenti per il procedimento del caso.” Ma nonostante questa sentenza sia datata come quelle successive che hanno visto le tesi dei fratelli Micò vincenti su tutta la linea,ad oggi dopo 15 anni di cause,delusioni,aspettative disattese,non si riesce ad fare applicare un legge,forte,chiara e legittima,un sacrosanto diritto sancito dai tribunali in più sentenze,ridare ai Micò la loro storica attività lavorativa,cosa deve fare un cittadino per vedere esaudito un loro intangibile diritto,sancito dai tribunali in più fasi? Anche il funzionario dei Monopoli di stato inizialmente aveva dato il suo assenso alla voltura della rivendita necessaria per vendere i beni del monopolio,tabacchi e altro,salvo poi,stranamente cambiare totalmente parere dopo soli quindici giorni,cosa è cambiato in solo due settimane,si chiedono i Micò? A giugno al tribunale di Catanzaro altra udienza, in quella sede i fratelli Micò confortati dal loro legale di fiducia Massimo Alessandro Gualtieri,cercheranno ancora una volta di vedere ristorato le loro richieste.
Gianni Romano