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Arriva la bella stagione,e con questa la necessità di esibire corpi abbronzati,palestrati e tatuati,sì proprio tatuati,è la nuova tendenza a disegnare in modo indelebile e duraturo un disegno che racconti una storia o semplicemente fatto solo per il gusto di avere un tatuaggio,che racconti di sé.A Montepaone lido,è presente un vero maestro nell’arte del tatuaggio,Salvatore Narda,sposato e con due figli in tenera età,il suo studio prende il nome da -Enatà Tatto – ,proprio dal nome dei dio dei tatuaggi polinesiani,che predilige un solo colore,il nero e soggetti tribali,una condizione millenaria ancora in voga in Polinesia,gli antichi guerrieri era tutti tatuati in base al loro valore in guerra o nella caccia,ma anche le loro donne,bellissime e tatuate,ma solo in alcune parti del corpo,e precisamente dall’ombellico in giù, e se loro appartenevano ad un uomo,erano tatuate sul mento -il moko – come senso indiscusso di appartenenza,Salvatore Narda è un vero e profondo conoscitore dell’arte dei tatuaggi,lui ha studiato a Bologna presso lo studio di Marcello Zechini,Narda disegna a mano libera il soggetto tatuando con appositi inchiostri la sua arte di stile tribale, e che vede presenti nel suo studio,persone di tutte le età,giovani al primo tatuaggio,ma anche donne e persone mature che si avvicina a questa arte dell’esibire il corpo tatuato. I ragazzi polinesiani di 14 anni probabilmente aspettavano con agitazione il momento in cui la loro pelle veniva incisa dalle mani esperte dei tatuatori del villaggio. Essere tatuati significava maturare, diventare uomini o donne; avere coperte alcune parti, e con disegni ampi, significava essere potenti, nobili, valorosi; una donna tatuata era affascinante e desiderata. Questa storia sa di mari del sud, di isole tropicali, di mondi lontani. Questa storia sa di donne bellissime, guerrieri indomabili, navigatori infaticabili. Ma questa storia sa anche di aspre battaglie, conquiste e prepotenze. È la storia del tatuaggio, dal polinesiano tatau che vuol dire “battere” o “marchiare” e indica il picchiettare del legnetto sull’ago( una volta denti di squalo) per bucare la pelle. A Tahiti si racconta che l’arte di tatuare abbia un’origine divina. Durante il “Periodo Oscuro”, l’arte del tatuaggio è stata creata da due figli del dio Ta’aroa, Mata Mata Arahu e Tu Ra’i Po, che in seguito diventò il protettore delle arti. Le due divinità facevano parte di un gruppo di artigiani che comprendeva Taere, di grande abilità, Hina Ere Ere Manua, la luce sottomessa dal carattere impetuoso, la figlia più anziana del primo uomo, Ti’i, e della prima donna, Hina. Durante la maturità Hina Ere Ere Manua cambiò nome in Pahio e fu rinchiusa dalla mamma per preservare la sua verginità. I due fratelli Mata Mata Arahu e Tu Ra’i Po decisero di sedurla tatuandosi con un motivo chiamato Tao Maro Mata e riuscirono a incuriosirla a tal punto che Hina riuscì a fuggire dal posto in cui era rinchiusa, presa dalla irrefrenabile voglia di farsi tatuare.Così nacque l’arte del tatuaggio, all’inizio praticata solo dai figli di Ta’aroa, la più importante divinità tahitiana, che si decisero a tramandarla agli esseri umani. Così Mata Mata Arahu e Tu Ra’i Po divennero gli dei del tatuaggio. Gli artisti polinesiani prima di iniziare la cerimonia dei tatuaggi, invocano le due divinità affinché tutto vada bene e, in particolare, i disegni riescano bene. Ancora oggi i tatuatori custodiscono i ritratti delle due divinità all’interno dei loro laboratori. “Decorano i loro corpi con piccole incisioni, o pungendo la pelle con piccoli strumenti fatti di ossa e denti di animale. Le incisioni vengono colmate con una mistura blu scura o nera ottenuta dal carbone di una pianta oleosa. Questa operazione, chiamata dagli indigeni tattaw, lascia un segno indelebile sulla pelle. Generalmente viene applicata ai bambini dai dieci anni in su in diverse parti del corpo”. Così scriveva il capitano James Cook nel suo diario The Voyage in H.M.Bark Endeaver, di ritorno dal primo dei tre viaggi, compiuto nel 1771, che gli aveva permesso di scoprire l’isola di Tahiti. La breve descrizione di Cook introdusse il termine tattaw da cui sarebbe derivata la parola tattoo, “tatuaggio” in italiano.Ed è grazie ai ritratti di Sydney Parkinson e alla cronaca di Joseph Banks, anche loro della spedizione, che gli europei imparano a conoscere i corpi tatuati degli abitanti della Polinesia. E pensare che l’arte del tatuaggio era arrivata in Polinesia lungo un percorso di 4.500 anni che, dall’Egitto, ha toccato tutte le regioni dell’Asia. In verità, già prima del 1771 gli abitanti dell’Europa avevano avuto qualche “incontro ravvicinato” con esseri umani tatuati. Nel settembre del 1691, per esempio, i reali d’Inghilterra avevano potuto ammirare come un fenomeno da baraccone il primo uomo tatuato da testa a piedi sbarcato in Europa, il principe Giolo delle Filippine, catturato e trasportato a Londra dal grande pirata ed esploratore William Dampier che, a sua volta, l’aveva comprato dall’ufficiale di marina William Moddy. Il povero principe Giolo venne letteralmente esposto al pubblico a Londra e morì di vaiolo tre mesi dopo. Una piccola rivincita i tatuaggi se la presero qualche anno dopo, il capitano James Cook fu mangiato dagli indigeni hawaiiani nel 1779 e, dieci anni dopo, gli ammutinati del Bounty furono identificati e condannati grazie ai tatuaggi che si erano fatti fare sull’isola caraibica.

Articolo e foto di Gianni Romano
 
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