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la storia del prete che ha sfidato la ‘ndrangheta
Si è tenuto presso la libreria Giunti a Montepaone lido,l’incontro tra don Giacomo Panizza e numerose persone che nel corso della riuscita serata hanno interagito con l’autore del libro”qui ho conosciuto purgatorio,inferno e paradiso”con la prefazione di Roberto Saviano,scritto insieme con il critico letterario e cinematografico Goffredo Fofi.Il libro è un autentico spaccato di vita,racconta di come un prete del nord si trova a confrontarsi giornalmente con la realtà del sud,un sud impreparato a risolvere problemi di natura etica,le diversità e i divari ci sono tutti,basta pensare all’assistenza sanitaria ricordava don Panizza,lui Bresciano di origine, dal 2002 è nel mirino di una delle più sanguinarie famiglie ‘ndranghetiste calabresi:uno stato parallelo più forte e presente,che non chiede certo domande in carta da bollo,non chiede ticket o prenotazioni che durano mesi,la ‘ndrangheta è più immediata e diretta,cresce e si nutre di paure,si autoalimenta continuamente con nuovi sodali che vedono nella ‘ndrangheta un modello vincente ed un modo sicuro e immediato per fare soldi e avere rispetto,tanto. Don Giacomo ha così conosciuto la Comunità di Capodarco nelle Marche, un istituto che offriva agli handicappati amore e rispetto, coinvolgendoli nelle decisioni e richiedendo da parte loro responsabilità. Un bel giorno giunse a Fermo un gruppo di scout di Catanzaro che chiesero a Giacomo di ospitare anche qualche disabile calabrese, e venne deciso che a spostarsi fosse la comunità, spingendo alla nascita a Lamezia Terme (in provincia di Catanzaro) della Comunità Progetto Sud, che come dice Fofi è una “esperienza minoritaria che si radica e si concretizza nel mondo reale”. Giacomo accetta di utilizzare a scopi sociali un palazzo requisito ai Torcasio, la famiglia malavitosa più temuta della zona: lo stabile che gli è stato assegnato dista pochi metri dalle abitazioni dei mafiosi a cui è stato sequestrato, ma ogni volta che deve accedere alla struttura deve bussare proprio a loro. Don Giacomo Panizza ha ricevuto molte minacce, la sede è stata più volte danneggiata, e qualcuno è arrivato a sabotare i freni dell’auto di un disabile, ma Don Giacomo non ha mai smesso di lottare.Un libro appassionante come un romanzo, un dialogo serrato che ricostruisce la battaglia quotidiana di Don Giacomo Panizza contro la cosca dei Torcasio, ma anche il suo enorme amore per la terra calabrese, un progetto visionario e così grande da annullare la criminalità e gli altri ostacoli che si sono frapposti alla sua realizzazione. Perché “bisogna che tanti facciano poco, più che pochi facciano molto. Contro le mafie non serve Rambo. Serve che tutti ci impegniamo per la libertà di tutti, e la legalità è cosa nostra, un tassello di questo impegno”: soltanto in questo modo il Sud potrà superare i suoi limiti ed utilizzare pienamente le sue risorse ed il proprio tessuto sociale.
Articolo e foto di Gianni Romano