Gasperina, regina tra le proloco, come sempre riesce a creare eventi che portano nel paese collinare, una terrazza sul mare jonio migliaia di persone. Sabato 5 ottobre, in occasione dell’Oktoberfest è previsto il concerto dei mitici Nomadi, cosa questa che sta suscitando una attesa da parte di migliaia di appassionati. Come sempre lo staff della proloco sta pianificando per il meglio l’evento, con parcheggi, animazione, stand gastronomici con la bionda per eccellenza, la birra, come attrazione della manifestazione. L’Oktoberfest è inserita nelle manifestazioni più seguite di tutta la Calabria, contando ogni anno su migliaia di visitatori. Quest’anno la proloco ha voluto puntare come attrazione della serata musicale sui Nomadi, la cui lunga e fortunata carriera inizia nel 1963: dalle rovine del gruppo “I Monelli”, nasce una formazione a sei, che vede nel cantante Augusto Daolio e nel tastierista Beppe Carletti i naturali leader. I primi segnali di notorietà arrivano nel ’66 con “Come potete giudicar” (cover di “The Revolution Kind” di Sonny Bono), quasi un manifesto dell’era beat. Il ’67 è l’anno dell’album d’esordio, “Per quando noi non ci saremo”, in cui spiccano i testi di un giovane cantautore, Francesco Guccini, che fornisce al gruppo brani quali “Il disgelo”, “Dio è morto” e “Per fare un uomo”. Vista la buona accoglienza, il successivo LP “I Nomadi” (1968) è costruito nella stessa maniera: cover di brani anglosassoni, dai Moody Blues di “Ho difeso il mio amore” ai Kinks di “Insieme io e lei” e “Un figlio dei fiori non pensa al domani”, mentre continua con risultati degni di nota la collaborazione con Guccini (“Giorno d’estate”, “Ophelia”, “Per quando è tardi” e “Canzone per un’amica”). All’inizio degli anni ’70, dopo diversi singoli di successo, il gruppo vira verso un pop più commerciale seppur di corretta fattura: testimonia il cambiamento un lavoro come “Mille e una sera” (1971), dove accanto ad una “Ala bianca” derivata da Elton John, trovano posto “Un pugno di sabbia” e “So che mi perdonerai”. L’anno seguente è la volta del pezzo destinato a diventare una sorta di inno del complesso, “Io vagabondo”: poi la fama prende a declinare malgrado fatiche discografiche di livello accettabile, da “Un giorno insieme” (1973) a “Gordon” (1975), ove appaiono coloriture psichedeliche; da segnalare, pure, “I nomadi interpretano Guccini” (1974), con suggestive versioni di “Asia”, “Canzone della bambina portoghese” ed “Il vecchio e il bambino”. Il ’77 vede l’uscita dell’ispirato “Noi ci saremo”, in cui tematiche sociali (“La città”) e politiche (“I miei anni”) sono assai sentite. Segue un lungo periodo di crisi creativa, segnata da esiti modesti (“Ancora una volta con sentimento”, 1982) o poco più (“Ci penserà poi il computer”, 1985). Per ritrovare il gruppo in piena forma occorre attendere il 1991: “Gente come noi” è un piccolo capolavoro (che vende oltre 100.000 copie), nel quale sfilano tra le altre la meravigliosa “Aironi neri”, l’omaggio a Ligabue di “Dammi un bacio”, l’impegno di “Serpente piumato” e “Ricordati di Chico”, la trascinante “C’è un re” e la travolgente “Ma che film la vita”. Nel ’92, purtroppo, perdono la vita il bassista Dante Pergreffi, in un incidente d’auto, e Augusto Daolio, stroncato da un tumore a soli 45 anni. Sembra la fine, ma Carletti – unico sopravvissuto della formazione originaria – riprende le fila del discorso: i risultati sono sorprendenti, con album validissimi (“Amore che prendi amore che dai”, 2002) e scintillanti hit (“Sangue al cuore”, 2003) il successo fa presto a ritornare ed i Nomadi risorgono, come la fenice, dalle loro stesse ceneri.
[box type=”info”] articolo di gianni Romano[/box]